Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   per   legge
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona  del
Presidente della Giunta regionale pro tempore; 
    Per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della  legge
regionale del Friuli-Venezia Giulia 4 giugno 2020, n.  32,  art.  12,
commi 2, 3 e 4, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 7
agosto 2020. 
    1. Nel BUR 5 novembre 2021, n. 35, e' stata pubblicata  la  legge
regionale  2  novembre  2021,  n.  16,  recante  «Misure  finanziarie
intersettoriali». 
    2. Il  Presidente  del  Consiglio  ritiene  che  tale  legge  sia
censurabile relativamente alle disposizioni di cui all'art. 4,  commi
17  e  18,   e,   pertanto,   propone   questione   di   legittimita'
costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1 della Costituzione per
i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    3. L'art. 4 della  legge  regionale  de  qua,  sotto  la  rubrica
«Difesa dell'ambiente, energia e sviluppo sostenibile», al comma  17,
prevede che: 
    «Non sono idonee per la realizzazione degli impianti fotovoltaici
a terra di cui al comma 16: 
    a) le aree individuale dal piano  regolatore  comunale  in  esito
alla conformazione al PPR e a una lettura paesaggistica approfondita,
ai sensi dell'art. 14 delle Norme tecniche di  attuazione  (NTA)  del
PPR; 
    b) i sili regionali inseriti nella lista del patrimonio  mondiale
culturale e naturale riconosciuto dall'UNESCO e nelle  relative  zone
tampone,  nonche'  i  siti  per  i  quali  e'  stata  presentata   la
candidatura per il riconoscimento UNESCO; 
    c) i siti Natura 2000 e le aree naturali tutelate ai sensi  della
legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree  protette),  e
della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42 (Norme in  materia  di
parchi e riserve naturali regionali); 
    d) le aree e i beni di notevole interesse culturale di  cui  alla
parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della  legge  6
luglio 2002, n.  137),  le  aree  dichiarate  di  notevole  interesse
pubblico ai sensi dell'art. 136 del decreto legislativo n. 42/2004  e
i relativi ulteriori contesti, le zone di  interesse  archeologico  e
gli ulteriori contesti d'interesse archeologico, nonche'  le  aree  a
rischio potenziale archeologico indicate nel PPR  o  negli  strumenti
urbanistici comunali; 
    e) le aree ricadenti nei beni paesaggistici di cui all'art.  142,
comma 1,  del  decreto  legislativo  n.  42/2004,  o  loro  ulteriori
contesti,  o  in  generale  ulteriori  contesti,  ferma  restando  la
facolta'  del  richiedente  di  presentare  documentazione  idonea  a
dimostrare la non interferenza degli impianti con gli obiettivi e  la
disciplina d'uso previsti dal PPR; 
    f) le aree agricole ricomprese in zone territoriali omogenee F di
"Tutela ambientale" individuate dagli strumenti urbanistici  generali
comunali adeguati al PURG; 
    g)  le  aree  localizzate  in  comprensori  irrigui  serviti  dai
Consorzi di bonifica e oggetto di riordino fondiario; 
    h) le aree agricole che rientrano nelle classi 1 e 2 di capacita'
d'uso secondo la Land  Capability  Classification  (LCC)  del  United
States Department of Agriculture (USDA)  e  individuate  nella  Carta
regionale di capacita' d'uso agricolo dei suoli,  ferma  restando  la
facolta' del richiedente di presentare idonea  documentazione  e,  in
particolare,   una    relazione    pedologica,    finalizzata    alla
riclassificazione delle aree di interesse aziendale». 
    4. Tale disposizione  va  ricondotta  alla  materia  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale  dell'energia»,  che  costituisce
oggetto di potesta' legislativa concorrente  ex  art.  117,  comma  3
della Costituzione. 
    Come ricordato dalla Corte nella sentenza 5 aprile 2018,  n.  69,
«il legislatore statale, attraverso la disciplina delle procedure per
l'autorizzazione degli impianti di produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili, ha introdotto principi che, per costante  giurisprudenza
di questa  Corte,  non  tollerano  eccezioni  sull'intero  territorio
nazionale,  in  quanto  espressione  della   competenza   legislativa
concorrente in materia di energia, di cui all'art. 117,  terzo  comma
della Costituzione. 
    Tali principi sono contenuti nel decreto legislativo n.  387  del
2003 e nel decreto legislativo n. 28 del 2011, [... ],  ciascuno  dei
quali ha dato attuazione ad una  direttiva  dell'Unione  europea.  Lo
sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce
un obiettivo rilevante della politica energetica dell'Unione europea.
Per il perseguimento di tale finalita' sono  state  emanate,  fra  le
altre, la direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del  27  settembre  2001  sulla  promozione  dell'energia   elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili,  nel  mercato  interno
dell'elettricita', e la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e
del  Consiglio  del  23  aprile  2009   sulla   promozione   dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE [...]. 
    In particolare,  i  regimi  abilitativi  degli  impianti  per  la
produzione di energia rinnovabile sono regolati dalle Linee guida  di
cui al d.l. 10 settembre 2010, adottate in attuazione  del  comma  10
dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387 del  2003,  e  richiamate
nel decreto legislativo  n.  28  del  2011.  Si  tratta  di  atti  di
formazione secondaria, che costituiscono,  in  settori  squisitamente
tecnici,   il   completamento   della   normativa   primaria.    Essi
rappresentano un corpo unico con la disposizione legislativa  che  li
prevede e che ad essi affida il compito di individuare le  specifiche
tecniche  che  mal  si  conciliano  con  il  contenuto  di  un   atto
legislativo e che necessitano di applicazione uniforme  in  tutto  il
territorio nazionale». 
    4.1 La vincolativita' delle Linee guida e' confermata  anche  dal
fatto che esse sono state adottate in sede di  Conferenza  unificata,
in ragione degli ambiti materiali che vengono in rilievo e quindi nel
rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. 
    In particolare, come precisato  dalla  Corte  nella  sentenza  11
novembre 2011, n. 308: 
        «il legislatore statale,  nel  dettare  tale  disciplina,  ha
"inteso trovare modalita' di equilibrio" tra la competenza  esclusiva
statale in materia di ambiente e paesaggio e  quella  concorrente  in
materia di energia (sentenza  n.  275  del  2011).  Si  e',  inoltre,
precisato  che  "il  bilanciamento  tra  le  esigenze  connesse  alla
produzione  di  energia  e  gli  interessi  ambientali   impone   una
preventiva ponderazione concertata in ossequio al principio di  leale
cooperazione" (sentenza n. 192 del 2011). In questa  prospettiva,  si
giustifica l'attribuzione alla Conferenza unificata della  competenza
ad approvare le Linee guida»; 
        non  e'  dunque  consentito  «alle  Regioni   di   provvedere
autonomamente  alla  individuazione  di  criteri  per   il   corretto
inserimento nel paesaggio  degli  impianti  alimentati  da  fonti  di
energia alternativa». 
    La Corte, nella sentenza 30 luglio 2021, n. 177, ha ribadito  che
«nell'indicare puntuali modalita' attuative della legge  statale,  le
Linee guida hanno "natura inderogabile e devono essere  applicate  in
modo uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e  n.
86 del 2019, n. 69 del 2018)" (sentenza n. 106 del 2020)». 
    5. La legge regionale n. 15  del  2021,  all'art.  4,  comma  17,
lettera  a),  nell'includere  tra  le  aree  non  idonee,  «le   aree
individuate dal piano regolatore comunale in esito alla conformazione
al PPR e a una lettura paesaggistica approfondita, ai sensi dell'art.
14 delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del PPR», attribuisce  di
fatto  anche  ai  Comuni  la  possibilita'  di  apporre   limitazioni
all'installazione degli impianti rinnovabili. 
    Alla luce di quanto detto in precedenza, tale previsione si  pone
in contrasto con le  citate  Linee  guida  FER  di  cui  al  d.m.  10
settembre 2010, secondo le quali  (v.  allegato  3)  l'individuazione
delle aree e dei  siti  non  idonei  deve  essere  effettuata  «dalle
Regioni  con  propri  provvedimenti  tenendo  conto  dei   pertinenti
strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,
secondo le modalita' indicate  al  paragrafo  17  e  sulla  base  dei
seguenti principi e criteri [...]». 
    In particolare, in base al paragrafo 17.1 delle Linee  guida,  le
Regioni devono compiere «un'apposita istruttoria, avente  ad  oggetto
la ricognizione delle disposizioni volte alla  tutela  dell'ambiente,
del paesaggio, del patrimonio storico e artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e  del  paesaggio  rurale»
(paragrafo 17.1). 
    All'esito di tale istruttoria, le Regioni procedono ad  indicare,
nell'atto di pianificazione, la non idoneita' di  ciascuna  area  «in
relazione  a  specifiche  tipologie  e/o  dimensioni  di   impianti»,
motivando le  incompatibilita'  con  riferimento  agli  obiettivi  di
protezione perseguiti dalle disposizioni esaminate. 
    Le  aree  non  idonee  confluiscono,   pertanto,   nell'atto   di
pianificazione con cui le Regioni e le Province autonome  «conciliano
le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio  con  quelle  di
sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di
quanto eventualmente gia' previsto  dal  piano  paesaggistico  e  del
necessario rispetto della quota minima di produzione  di  energia  da
fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing)». 
    5.1  Va  anche  considerato  che  per   costante   giurisprudenza
amministrativa il ruolo del Comune nel procedimento abilitativo degli
impianti rinnovabili deve limitarsi al vaglio del progetto  sotto  il
profilo della conformita' alla disciplina urbanistica,  laddove,  con
particolare riferimento, appunto, agli impianti fotovoltaici su  aree
agricole, e' la  stessa  disciplina  di  settore  (art.  12,  decreto
legislativo n. 387/2003) a prevedere  la  compatibilita'  urbanistica
delle relative installazioni, non rendendo necessario alcun eventuale
procedimento di variante. 
    6. L'art. 4,  comma  17,  lettera  a),  altera  il  quadro  delle
competenze amministrative definito dai principi statali e si pone  in
contrasto con  le  Linee  guida,  le  quali,  secondo  l'orientamento
costante della Corte, condividono con il citato art. 12  del  decreto
legislativo n. 387 del 2003 la  qualifica  di  principi  fondamentali
della  materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione   nazionale
dell'energia», e sono, dunque, vincolanti per tutte  le  Regioni  (v.
anche le sentenze n. 86 e n. 286 del 2019, n. 68 del 2018 e n. 13 del
2014). 
    7. Inoltre, l'art. 4, comma 17: 
        individua  le  aree  non   idonee   esclusivamente   per   la
realizzazione di nuovi  impianti  fotovoltaici  a  terra  di  potenza
superiore a 1 MW (1) ; 
        con le previsioni di cui alle lettere da b) ad h),  introduce
numerosi vincoli di merito, ponendosi  in  conflitto  con  l'art.  41
della Costituzione e con la normativa interna e  sovranazionale  che,
promuovendo la diffusione delle fonti rinnovabili, inibisce qualsiasi
previsione di astratta e aprioristica  limitazione  dei  procedimenti
autorizzativi e delle relative installazioni. 
    8. Si richiama in proposito l'orientamento costante  della  Corte
adita, nella disciplina relativa all'autorizzazione di  impianti  per
la produzione di energia da fonti rinnovabili, le Regioni non possono
imporre in  via  legislativa  vincoli  generali  non  previsti  dalla
disciplina statale. 
    Una  normativa  regionale,  che  non  rispetti  la   riserva   di
procedimento amministrativo e, dunque, non  consenta  di  operare  un
bilanciamento in concreto degli interessi, strettamente aderente alla
specificita'   dei   luoghi,   impedisce,   difatti,   la    migliore
valorizzazione di  tutti  gli  interessi  pubblici  implicati  e,  di
riflesso, viola il principio,  conforme  alla  normativa  dell'Unione
europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di  energia
rinnovabili (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo,  ex  multis,
sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44  del
2011). 
    9. Va anche posto in evidenza che il  Piano  nazionale  integrato
per l'energia e  il  clima,  inviato  alla  Commissione  europea  dal
Governo italiano a fine  2019  in  attuazione  del  regolamento  (UE)
2018/1999, ha stabilito, per i profili che qui rilevano, un cambio di
approccio rispetto a quello delineato dall'attuale  quadro  normativo
di  settore,  demandando  alle  Regioni,  sulla   base   di   criteri
previamente prestabiliti e  condivisi,  l'individuazione  delle  aree
idonee e non  idonee  per  la  localizzazione  di  impianti  a  fonte
rinnovabile. 
    A tali fini, nell'ambito nel quadro delle misure complessivamente
volte al raggiungimento degli obiettivi  in  materia  di  energia  da
fonti  rinnovabili,  particolare  rilievo  e'  stato  ascritto   alla
individuazione delle aree adatte alla  realizzazione  degli  impianti
nonche' alla condivisione degli obiettivi nazionali con  le  Regioni,
da perseguire attraverso la  definizione  di  un  quadro  regolatorio
nazionale che, in coerenza con  le  esigenze  di  tutela  delle  aree
agricole e forestali, del patrimonio culturale e del paesaggio, della
qualita'  dell'aria  e   dei   corpi   idrici,   stabilisca   criteri
(previamente condivisi con il livello regionale) sulla  cui  base  le
Regioni stesse procedano alla definizione  delle  superfici  e  delle
aree idonee e non idonee per  l'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili. 
    Cio' al fine di favorire lo sviluppo coordinato di impianti, rete
elettrica e sistemi di accumulo,  con  procedure  autorizzative  rese
piu' semplici e veloci (e coordinate con i meccanismi  di  sostegno),
proprio  grazie  alla  preventiva  condivisione   dell'idoneita'   di
superfici e aree. 
    9.1 La legge 22 aprile 2021, n. 53, recante  «Delega  al  Governo
per il recepimento delle direttive europee e  l'attuazione  di  altri
atti dell'Unione europea - Legge di delegazione  europea  2019-2020»,
nel dettare i criteri ulteriori di delega per  il  recepimento  della
direttiva 2018/2001/CE  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da
fonti rinnovabili, ha affrontato in modo dettagliato  il  tema  delle
aree idonee e  non  idonee  all'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili, definendo  un  regolamentato  percorso  di  condivisione
operativa degli obiettivi con  le  Regioni,  in  sede  di  Conferenza
unificata, volto alla precipua individuazione delle superfici e  aree
idonee  e  non  idonee  per  l'installazione  di  impianti  a   fonte
rinnovabile. 
    In particolare, l'art. 5, comma 1, lettere a)  e  b),  stabilisce
che il Governo nell'esercizio della Delega deve: 
    «a) prevedere, previa intesa con la Conferenza unificata ai sensi
dell'art. 3 del decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281,  su
proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto  con  il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e
con il Ministero per i  beni  e  le  attivita'  culturali  e  per  il
turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati
nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima  (PNIEC),  una
disciplina per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e
non idonee per l'installazione di impianti a  fonti  rinnovabili  nel
rispetto delle esigenze di tutela  del  patrimonio  culturale  e  del
paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita'  dell'aria
e dei corpi idrici, nonche' delle specifiche competenze dei Ministeri
per i beni e le attivita' culturali e per il turismo, delle politiche
agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e  della  tutela  del
territorio e del  mare,  privilegiando  l'utilizzo  di  superfici  di
strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e  aree
non  utilizzabili   per   altri   scopi,   compatibilmente   con   le
caratteristiche e le disponibilita' delle risorse rinnovabili,  delle
infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonche' tenendo  in
considerazione la dislocazione della domanda, gli  eventuali  vincoli
di rete e il potenziale di sviluppo della rete  stessa.  A  tal  fine
sono osservati, in particolare, i seguenti indirizzi: 
    1) la disciplina e' volta a definire criteri per l'individuazione
di aree idonee all'installazione  di  impianti  a  fonti  rinnovabili
aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata  come
necessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
sviluppo delle fonti rinnovabili. A  tal  fine,  la  disciplina  reca
inoltre criteri per la ripartizione fra Regioni e Province autonome e
prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in  corso
che risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti
preesistenti, rispetto a quelli definiti dalla presente lettera; 
    2) il processo programmatorio di individuazione delle aree idonee
e' effettuato da ciascuna Regione o Provincia autonoma in  attuazione
della disciplina di cui al numero 1) entro  sei  mesi.  Nel  caso  di
mancata adozione, e' prevista l'applicazione dell'art. 41 della legge
24 dicembre 2012, n. 234; 
    b) prevedere che, nell'individuazione  delle  superfici  e  delle
aree idonee e non idonee per  l'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili di cui alla lettera a), siano rispettati i principi della
minimizzazione degli impatti  sull'ambiente,  sul  territorio  e  sul
paesaggio,  fermo  restando  il  vincolo  del  raggiungimento   degli
obiettivi  di  decarbonizzazione  al  2030  e  tenendo  conto   della
sostenibilita'  dei  costi  correlati  al  raggiungimento   di   tale
obiettivo». 
    9.2 In attuazione dei suddetti  criteri  di  delega,  il  decreto
legislativo di recepimento della  direttiva  2018/2001  in  corso  di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, all'art.  20,  ha  introdotto
una specifica «Disciplina per l'individuazione di  superfici  e  aree
idonee  per  l'installazione  di  impianti   a   fonti   rinnovabili»
stabilendo, in particolare, all'art. 20, commi 1 e da 6 a 8, che 
    «1. Con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro  della  transizione
ecologica, di concerto con il Ministro della cultura  e  il  Ministro
delle politiche agricole alimentari e  forestali,  previa  intesa  in
sede  di  Conferenza  unificata  di  cui  all'art.  8   del   decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281,  da  adottare  entro  centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore  del  presente  decreto,  sono
stabiliti principi e  criteri  omogenei  per  l'individuazione  delle
superfici e delle aree  idonee  e  non  idonee  all'installazione  di
impianti a fonti rinnovabili aventi una  potenza  complessiva  almeno
pari  a  quella  individuata  come  necessaria  dal  PNIEC   per   il
raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle  fonti  rinnovabili.
In via prioritaria, con  i  decreti  di  cui  al  presente  comma  si
provvede a: 
    a) dettare i  criteri  per  l'individuazione  delle  aree  idonee
all'installazione della potenza eolica e  fotovoltaica  indicata  nel
PNIEC, stabilendo le modalita' per minimizzare  il  relativo  impatto
ambientale e la massima porzione di  suolo  occupabile  dai  suddetti
impianti per unita' di superficie, nonche'  dagli  impianti  a  fonti
rinnovabili di produzione di energia elettrica gia' installati  e  le
superfici tecnicamente disponibili; 
    b)  indicare  le  modalita'  per  individuare   superfici,   aree
industriali dismesse e altre aree  compromesse,  aree  abbandonate  e
marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili. 
    [...] 
    6. Non possono essere disposte moratorie ovvero  sospensioni  dei
termini   dei   procedimenti   di    autorizzazione,    nelle    more
dell'individuazione delle aree idonee. 
    7. Le aree non incluse tra le  aree  idonee  non  possono  essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione  di
energia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata
inclusione nel novero delle aree idonee. 
    8. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma  1,  sono
considerate aree idonee, ai fini di  cui  al  comma  1  del  presente
articolo: 
    a) i siti ove sono gia' installati impianti della stessa fonte  e
in cui vengono realizzati interventi di modifica non  sostanziale  ai
sensi dell'art. 5, commi 3 e  seguenti,  del  decreto  legislativo  3
marzo 2011, n. 28; 
    b) le aree dei siti oggetto  di  bonifica  individuale  ai  sensi
dell'art. 242-ter, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152; 
    c) le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate  o  in
condizioni di degrado ambientale». 
    10. La disposizione censurata si pone in contrasto  anche  con  i
principi  generali  di  cui  al  mutando  quadro  normativo   statale
delineato dalla  legge  n.  56/2021,  il  quale  prevede  un'apposita
disciplina per  l'individuazione  delle  aree  idonee  e  non  idonee
coinvolgendo in prima battuta i Ministeri di riferimento (MITE e MIC)
nell'individuazione dei criteri  e  attribuendo  la  titolarita'  del
processo programmatorio alle Regioni e Province autonome. 
    Essa,   di   fatto,   anticipa,   i   contenuti    del    decreto
interministeriale di cui all'art. 20, comma 1, dell'emanando  decreto
legislativo che dovra', attraverso le modalita' ivi previste, dettare
principi e criteri omogenei per l'individuazione  delle  superfici  e
delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a  fonti
rinnovabili. 
    11. Il  successivo  comma  18  dell'art.  4  individua  ulteriori
condizioni ai fini della realizzazione  degli  impianti  fotovoltaici
che si pongono in contrasto con la Costituzione. 
    12. In particolare, la lettera a) del citato comma  richiede  che
l'impianto  «non  comprometta   un   bene   paesaggistico   alterando
negativamente lo stato dell'assetto scenico-percettivo e  creando  un
notevole disturbo della sua leggibilita'». 
    Tale indicazione e' eccessivamente generica e non puntuale, e  si
pone in contrasto con la giurisprudenza della  Corte  la  quale,  nel
valutare la legittimita' di leggi regionali che hanno disciplinato la
materia, ha posto in evidenza come la valutazione di «non  idoneita'»
debba essere  compiuta,  all'esito  e  sulla  base  di  una  puntuale
acquisizione degli interessi rilevanti e dei  pertinenti  presupposti
di fatto, tenuto conto delle caratteristiche specifiche  dell'area  e
delle caratteristiche dell'impianto da realizzare e non  puo'  essere
estesa genericamente a tutte le aree rientranti nella classificazione
indicata dalla norma. 
    Si veda tra le altre la sentenza n.  286  del  2019,  secondo  la
quale: 
    «Alle Regioni e' consentito soltanto  di  individuare,  caso  per
caso, aree e siti non idonei, avendo specifico riguardo alle  diverse
fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione  e  solo
qualora   cio'    sia    necessario    per    proteggere    interessi
costituzionalmente   rilevanti,   all'esito   di   un    procedimento
amministrativo nel cui ambito deve avvenire la valutazione sincronica
di tutti gli interessi pubblici coinvolti  e  meritevoli  di  tutela,
come prevede il paragrafo 17.1. delle Linee guida (sentenza n. 69 del
2018). 
    Il margine di intervento riconosciuto  al  legislatore  regionale
per individuare le aree e i siti non idonei non permette  invece  che
le  Regioni  prescrivano  limiti  generali   inderogabili,   valevoli
sull'intero territorio regionale,  specie  nella  forma  di  distanze
minime, perche' cio' contrasterebbe con il principio fondamentale  di
massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito  dal
legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea
(sentenza n. 13 del 2014)». 
    La disposizione, risultando priva di quei necessari  elementi  di
puntualita' che consentano agli  operatori  di  individuare  le  aree
effettivamente non idonee,  conferisce  all'autorita'  amministrativa
decidente una discrezionalita'  non  basata  su  criteri  omogenei  e
oggettivi, necessari per l'esercizio dell'azione  amministrativa,  in
violazione sia del principio di legalita' dell'azione  amministrativa
sia del principio di imparzialita' e buon andamento  (art.  97  della
Costituzione). 
    13. La lettera d) dello stesso comma 18, dell'art. 4, stabilisce,
altresi', che l'impianto «sia posto in aree non visibili da strada di
interesse panoramico,  non  comprometta  visuali  panoramiche  o  con
visuali e profili identitari  tutelati  dal  PPR  o  dagli  strumenti
urbanistici comunali [...]». 
    Anche in questo caso, la previsione e' generica  e  tale  da  non
consentire valutazioni oggettive e puntuali  da  parte  degli  uffici
preposti al rilascio delle autorizzazioni, conferendo agli stessi una
discrezionalita' eccessiva, in contrasto con la normativa statale  di
settore e in particolare con le prescrizioni di cui alle piu'  citate
Linee guida. 
    14. Analoghe considerazioni debbono formularsi in relazione anche
alla successiva lettera f) che impone «sia assicurato il contenimento
del  livello  di  compromissione  e  di  degrado  determinato   dalla
dimensione e  dalla  concentrazione  degli  impianti  fotovoltaici  a
terra». 
    15. A conferma  delle  criticita'  evidenziate,  si  richiama  la
recente sentenza n.  177  del  2021,  con  la  quale  la  Corte,  nel
dichiarare l'illegittimita' di taluni articoli della legge n. 82/2020
della  Regione  Toscana,  dopo  aver  richiamato  le  previsioni  del
paragrafo 17.1 delle piu' volte citate Linee guida, ha precisato che: 
    «3.2.2. - Dall'iter procedimentale  tratteggiato  si  inferiscono
talune rilevanti implicazioni sostanziali. 
    Innanzitutto, l'indicazione che possono  fornire  le  Regioni  in
merito alla non  idoneita'  di  determinate  aree  ad  accogliere  la
costruzione di impianti per la produzione di energie  rinnovabili  e'
espressamente riferita alla  segnalazione  di  aree  non  idonee  "in
relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti". Spetta,
pertanto, all'atto di pianificazione individuare le  incompatibilita'
di determinate aree, in relazione  al  tipo  e  alle  dimensioni  (e,
dunque, anche alla potenza) degli impianti (si  vedano  Consiglio  di
Stato, sezione quarta, sentenza 8 aprile 2021, n. 2848,  nonche'  TAR
Abruzzo, sezione prima, sentenza 19 ottobre 2020, n. 363; TAR Molise,
sezione prima, sentenza 23 giugno 2016, n. 281). 
    Inoltre, l'atto di pianificazione della Regione, nell'individuare
le aree non idonee, non comporta un divieto assoluto, bensi'  -  come
si evince sempre dalle Linee guida - serve a segnalare  "una  elevata
probabilita'  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di
autorizzazione"  e,  dunque,  ha  la  funzione  di  "accelerare"   la
procedura (paragrafo 17.1). 
    Osserva,  in  proposito,  la  giurisprudenza  amministrativa  che
"trattasi non di impedimento assoluto, ma di  valutazione  di  'primo
livello'", che impone poi di verificare "in concreto, caso per  caso,
se l'impianto cosi' come  effettivamente  progettato,  considerati  i
vincoli  insistenti  sull'area,  possa   essere   realizzabile,   non
determinando una reale compromissione dei valori tutelati dalle norme
di protezione  (dirette)  del  sito,  nonche'  di  quelle  contermini
(buffer)" (TAR Sardegna, sezione seconda, sentenza 8 luglio 2020,  n.
573; in senso analogo, la gia' citata sentenza del Consiglio di Stato
n. 2848 del 2021; nonche' le gia' citate sentenze TAR Abruzzo n.  363
del 2020 e TAR Molise n. 281 del 2016)». 
    16.  Le  anzidette  norme  regionali,   in   contrasto   con   il
procedimento delineato dalle Linee guida e con quanto statuito  dalla
Corte, non basano il divieto di installazione di  nuovi  impianti  su
una valutazione puntuale e in concreto  delle  aree  dichiarate  «non
idonee»,   ma   ipostatizzano   i   controinteressi   pubblici   alla
realizzazione   degli   impianti,   precludendo   o,   quanto   meno,
ostacolando,   il   bilanciamento   in   concreto   e   la   migliore
valorizzazione di tutti gli  interessi  pubblici  implicati,  che  il
legislatore  statale  affida  al   procedimento   amministrativo   di
pianificazione, con violazione riflessa del principio, conforme  alla
normativa  dell'Unione  europea,  della  massima   diffusione   degli
impianti da fonti di energia rinnovabili (sentenza n. 286  del  2019,
in senso analogo, ex multis, sentenze n. 106  del  2020,  n.  69  del
2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011). 
    17. In conclusione, le norme regionali censurate violano: 
        a) l'art. 117, terzo comma della Costituzione  e  i  relativi
principi  fondamentali  della  materia   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia»; 
        b) l'art. 117, primo comma della Costituzione che impone alle
Regioni di  esercitare  la  potesta'  legislativa  nel  rispetto  dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    In  particolare,  esse  appaiono  incompatibili  con  l'art.  15,
paragrafo 1, della  direttiva  11  dicembre  2018,  n.  2018/2001/UE,
secondo cui: 
    «Gli Stati membri assicurano che le norme nazionali in materia di
procedure di autorizzazione, certificazione e rilascio delle  licenze
applicabili agli impianti e alle  relative  reti  di  trasmissione  e
distribuzione per la produzione di energia elettrica, di calore o  di
freddo da fonti rinnovabili,  al  processo  di  trasformazione  della
biomassa in biocarburanti, bioliquidi,  combustibili  da  biomassa  o
altri prodotti energetici e ai carburanti liquidi e gassosi da  fonti
rinnovabili  di  origine  non  biologica  per  il   trasporto   siano
proporzionate  e  necessarie  e  contribuiscano  all'attuazione   del
principio che da' priorita' all'efficienza energetica. 
    Gli Stati membri prendono in particolare  le  misure  appropriate
per assicurare che: 
    a) le procedure amministrative siano razionalizzate e  accelerate
al  livello  amministrativo  adeguato   e   siano   fissati   termini
prevedibili per le procedure di cui al primo comma; 
    b) le  norme  in  materia  di  autorizzazione,  certificazione  e
concessione di licenze siano oggettive, trasparenti e  proporzionate,
non contengano discriminazioni tra partecipanti e tengano  pienamente
conto delle specificita' di ogni singola tecnologia  per  le  energie
rinnovabili; 
    c) le spese  amministrative  pagate  da  consumatori,  urbanisti,
architetti, imprese edili e installatori e fornitori di  attrezzature
e di sistemi siano trasparenti e proporzionate ai costi; e 
    d) siano previste procedure di autorizzazione semplificate e meno
gravose, anche attraverso una  procedura  di  notifica  semplice  per
dispositivi decentrati, e  per  la  produzione  e  lo  stoccaggio  di
energia da fonti rinnovabili»; 
        c) l'art. 97 della Costituzione, perche' precludono o, quanto
meno, ostacolano la corretta acquisizione e ponderazione  tramite  il
procedimento  amministrativo   di   pianificazione   dei   pertinenti
presupposti di fatto e degli interessi rilevanti, in  violazione  del
principio di buon andamento dell'amministrazione. 
    Le  disposizioni  di  cui  all'art.  4,  comma  18,  della  legge
regionale   n.   16/2021,   inoltre,    conferiscono    all'autorita'
amministrativa decidente una discrezionalita' non basata  su  criteri
omogenei ed oggettivi, ponendosi in contrasto anche con  principi  di
legalita' e di imparzialita' dell'azione amministrativa. 
    18.1  Le  disposizioni  eccedono,  peraltro,   dalle   competenze
attribuite alla Regione Friuli-Venezia Giulia dagli articoli  4  e  5
dello Statuto speciale di autonomia, l.c. 31 gennaio  1963,  n.  1  e
successive  modifiche  e  integrazioni,  secondo  cui  la  competenza
legislativa regionale deve esplicarsi in armonia con la  Costituzione
e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico della
Repubblica e dei parametri eurounitari sopra richiamati. 

(1) Il precedente comma 16 dell'art. 4  legge  regionale  n.  16/2021
    dispone infatti che:  «La  Regione,  ai  sensi  del  decreto  del
    Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida
    per  l'autorizzazione  degli   impianti   alimentati   da   fonti
    rinnovabili),  e  del  Piano   paesaggistico   regionale   (PPR),
    disciplina i criteri per la localizzazione e la realizzazione  di
    nuovi impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore a 1  MW,
    con particolare riferimento alle  zone  territoriali  omogenee  E
    "Usi agricoli e forestali" e  F  "Tutela  ambientale"  del  Piano
    urbanistico regionale generale (PURG), approvato con decreto  del
    Presidente della Giunta  regionale  del  15  settembre  1978,  n.
    0826/Pres., che trovano applicazione sino al compimento,  a  cura
    della  Regione,  degli  adempimenti  previsti  dalla   disciplina
    statale attuativa della legge 22 aprile 2021, n.  53  (Delega  al
    Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione
    di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione  europea
    2019-2020),   per   l'installazione   di   impianti   da    fonti
    rinnovabili».